Fulvio Pellegrini – La Bussola del collezionista: L’ARTE DURANTE IL COVID-19

Il Covid-19, la grave pandemia che ha colpito tutto il mondo a livello sanitario, causando più di un milione di morti e milioni di contagi, ha messo in ginocchio le economie mondiali ed ha innescato una crisi globale senza precedenti.

La domanda che tutti si pongono è quando l’economia ripartirà e recupererà i livelli pre-epidemia. A tale domanda nessun esperto è oggi in grado di rispondere e forte rimane l’incertezza che condiziona gli investimenti finanziari e i consumi dei privati.

Anche il mercato dell’arte è stato fortemente colpito dalla pandemia in corso, come mai era avvenuto nelle precedenti crisi dove la domanda di opere d’arte aveva mostrato maggiore resilienza.

Negli ultimi trent’anni si sono succedute diverse crisi economiche-finanziarie: ad esempio quella di fine degli anni ottanta ha influenzato il mercato dell’arte per la caduta degli investimenti giapponesi, che hanno provocato un sell-off del 60% in un anno. Il comparto ha impiegato circa 14 anni per riprendersi e tornare ai volumi e ai prezzi di prima.

La grave crisi del 2008 ha causato un calo del 40% del valore delle opere tra il 2007 e il 2009, in linea con la discesa dei mercati finanziari, ma poi la ripresa è stata rapida e duratura per un decennio.

Sbilanciarsi in previsioni al momento è impossibile, ma i numeri sono impietosi, basta confrontare su base annua le vendite d’asta dello scorso mese di maggio, solitamente un periodo di punta per l’arte, crollate del 97%.

La crisi investe tutti i paesi, anche negli USA gli effetti sul sistema dell’arte sono pesanti, basti pensare che nel primo semestre dell’anno 17 musei hanno dovuto licenziare 1.350 dipendenti perché un terzo delle istituzioni artistiche americane potrebbe non superare l’anno.

Non solo, le maggiori case d’asta hanno cancellato o posticipato le principali manifestazioni programmate nel corso dell’anno; il numero di aste live dedicate al comparto della pittura delle principali major, Christie’s, Sotheby’s e Phillips, si è ridotto del 65%, con un drastico crollo del fatturato ammontante a meno 72% rispetto al corrispondente primo semestre del 2019.

Da gennaio ad agosto complessivamente è stato scambiato il 30% in meno delle opere in asta, solamente 2,9 miliardi di dollari, di cui 1,4 miliardi in arte del dopoguerra e contemporanea, quest’ultime scese del 46%, mentre l’arte impressionista e moderna è precipitata del 58%.

Da questi dati si evince che la pandemia e il conseguente lockdown hanno messo in ginocchio il mondo dell’arte.

L’ultimo report di ArtBasel-Ubs sull’andamento del primo semestre del 2020 ha rilevato che su 795 gallerie d’arte, che trattano arte moderna e contemporanea operanti in 60 diversi paesi, hanno subito una contrazione del fatturato del 36%, sale al 41% in Asia e del 55% nella sola Cina.

Maggiore resistenza, invertendo un trend decennale, sembra dimostrarlo in questo periodo, il comparto degli old masters che negli ultimi sei mesi, grazie alle vendite on line è aumentato del 780%, passando da 1,7 milioni di dollari a 15 milioni.

In Italia non va meglio: nel trimestre marzo-maggio il calo si è attestato oltre il  50%, con il 40% dei galleristi che denunciano una discesa ancor più ampia: vicina al 70%. Inoltre il 43%degli intervistati ritiene che l’operatività sia a rischio e dovrà essere fortemente ridimensionata.

Interessante conoscere la struttura delle gallerie italiane:

  • Circa il 30% tratta esclusivamente arte moderna;
  • Il 91% operano in arte contemporanea;
  • Il 68% ha dipendenti in numero compreso da 1 a 5 addetti;
  • Il 65% ha una sola sede espositiva;
  • Il 90% ha sede solo in Italia e non ha una sede all’estero.

Ne esce la fotografia di un settore fortemente frastagliato e caratterizzato da aziende di dimensioni mediamente piccole e scarsamente strutturate, quindi più fragili.

Questi dati nerissimi ci spingono ad alcune considerazioni:

  • La prima è che il corona virus ha accelerato fenomeni che da tempo minavano il settore: eccessiva parcellizzazione, scarso know-how, poca trasparenza nelle transazioni;
  • Le vendite su web ed l’uso sempre maggiore della tecnologia caratterizzerà il futuro dell’arte e dei suoi promotori;
  • Il mercato con l’applicazione dei nuovi strumenti informatici renderà più accessibile la partecipazione della fascia di investitori medio-bassa.

In sostanza il mercato domestico, tranne poche eccezioni, è la conseguenza di un tessuto organizzativo ancorato prevalentemente a piccole imprese con scarse possibilità di ricerca e sviluppo, appesantito da una normativa restrittiva e non al passo con i tempi.

 

 

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